Da “Un infinito numero. Virgilio e Mecenate nel paese dei Rasna” di Sebastiano Vassalli, Einaudi 1999:
“La prima epoca della storia dell’uomo, – continuò a raccontare l’omiciattolo, – è l’età di Mantus. Quell’epoca è durata dieci secoli, e ha segnato il passaggio di tutte le cose esistenti, dalla felicità delle origini all’infelicità che preannuncia la morte. Ma le epoche del mondo sono cinque: e il mio primo predecessore spiegò a Tarchon ce mentre Mantus dava i nomi alle cose, la sua ombra Mania aveva continuato a riflettere, tracciando certi segni nel cielo ce poi subito cancellava. Quando il dio del nulla ebbe finito di compiere la sua opera, Mania gli indicò una roccia, gli chiese: come si chiama quella roccia? Quella, rispose Mantus, è il granito. Allora l’ombra, che aveva inventato la scrittura, scrisse sul granito una parola di sette lettere: granito, e la morte entrò nel granito, che si sgretolò fino a diventare ghiaia e polvere. Poi l’ombra scrisse, una dopo l’altra, tutte le parole. Scrisse accanto alle pietre i nomi delle pietre, accanto agli alberi i nomi degli alberi e accanto agli animali i nomi degli animali: e il mondo si riempì di parole scritte, cioè di involucri vuoti e affamati di vita”.
“Fu allora, – disse Aisna, – che la morte si impadronì di tutti gli esseri esistenti; e anche gli uomini se ne resero conto quando Mania incominciò a scrivere i loro nomi nel cielo notturno. Incominciarono a morire e a morire, e il buio della notte si riempì di piccolissime luci, dette stelle, che erano quanto rimaneva di ciascuno di loro. Nacquero altri uomini che si chiamarono con nomi nuovi e diversi, o anche con gli stessi nomi che erano appartenuti ai defunti; ma Mania scriveva e scriveva nel cielo pieno di stelle, e gli uomini continuavano a morire”.
L’uomo-scimmia fece una pausa per riprendere fiato. Soltanto allora mi accorsi che il giorno era arrivato alla fine: il sole era scomparso dietro la collina, e dal torrente veniva su una specie di nebbia, che faceva rabbrividire i nostri cavalli. “La seconda epoca del mondo, – disse Aisna, – è stata l’epoca di Mania, ed è durata circa mille anni come la precedente. La terza epoca è quella dei Rasna, che il primo sacerdote di Velthune annunciò al contadino Tarchon e che è finita stasera, quando Tinia (il Sole) è sceso dietro l’orizzonte. L’età della ragione e della gioia di vivere. Nessun popolo, in futuro, riuscirà a tenere a bada l’infelicità e perfino la morte come abbiamo fatto noi! Noi Rasna abbiamo costretto anche la scrittura a servire alle necessità della vita, così come abbiamo costretto i veleni a guarire le nostre malattie. Tutto ciò che sappiamo ce l’ha rivelato Velthune. Alcuni dei nostri Libri Sacri ci insegnano a leggere il futuro nei tuoni, nei fulmini, nelle viscere degli animali, nel volo degli uccelli e nello stormire delle fronde mosse dal vento. Altri Libri ci aiutano a capire i prodigi, a misurare il tempo, a fondare le città; a curare gli infermi e a comunicare con i morti. I Romani, che oggi dominano il mondo, hanno voluto trascrivere i nostri Libri Sacri nella loro lingua, per prevedere il futuro con le nostre arti divinatorie e per guarire le malattie con le nostre scienze della natura. Ma i Libri Sacri, in latino, sono morti. La scienza dei Rasna è morta”.